Giudiziaria

Omicidio di Luca Famiano: ergastolo per “Antimino ‘o romano”, fu lui il mandante

Incastrato dal DNA rilevato da un telo di spugna bianco.

Antimo Perreca, detto Antimino 'o romano
Antimo Perreca, detto Antimino 'o romano

Recale (di Giovanni Maria Mascia). Antimo Perreca, detto Antimino ‘o romano, capo dell’omonimo clan di Recale, confederato con il clan Piccolo-Letizia di Marcianise, è stato condannato all’ergastolo quale mandante dell’omicidio di Luca Famiano. La sentenza è stata emessa nel primo pomeriggio dai giudici della Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere, presieduta dal dottor Roberto Donatiello. Accolta la richiesta del pubblico ministero Luigi Landolfi che aveva chiesto la massima pena.

Luca Famiano fu ucciso nel più classico agguato di camorra il 31 luglio del 1996. Il commando esplose circa quaranta colpi di kalashnikov ed “è stato un miracolo che sia morto solo Famiano, in auto c’erano altre quattro persone, tra cui due donne che subirono solo lievi ferite” ha sottolineato il PM nella requisitoria.

L’agguato nasce dal “tradimento” di Felice Napolitano detto ‘o capitone, killer del clan Piccolo-Letizia detti anche Quaqquaroni, transitato a metà degli anni novanta nell’organizzazione rivale dei Mazzacane, alias con cui vengono chiamati gli appartenenti del gruppo criminale marcianisano del clan Belforte, insieme al suo gruppo formato da Luigi Trombetta, Antimo Piccolo, Luigi Frongillo detto ‘o nditto e appunto da Luca Famiano.

Il commando si appostò per giorni in una casa disabitata di fronte alla villa dove si trovava il ras scissionista, nei pressi di San Clemente a Caserta. La faida tra i Piccolo e i Belforte, come ha evidenziato il PM, “provocò talmente tanti morti da indurre nel 1998 il Prefetto Renato Profili ad istituire a Marcianise e zone limitrofe il coprifuoco dalle 20 alle 7 di mattina“.

Il dottor Landolfi ha posto l’accento sul contributo fornito dai collaboratori di giustizia che indicano Antimo Perreca tra gli organizzatori e i mandanti dell’omicidio, ma la prova regina secondo l’accusa era rappresentata dalla perizia su un telo di spugna bianco da cui il professor Di Nunzio avrebbe estratto il DNA di Perreca “con alto grado di probabilità scientifica è il suo patrimonio cromosomico“. Il telo di spugna, un passamontagna, armi e caricatori furono rinvenuti su un terreno a Maddaloni, poco distanti dalla Lancia Thema utilizzata per l’agguato. Il telo sarebbe stato utilizzato nel corso dell’appostamento ed avrebbe costituito la prova della presenza di Antimino ‘o Romano sul posto “nessun dubbio che fosse lì, Perreca ha preso parte sia alla fase preparatoria che a quella esecutiva” ha chiosato Landolfi.

L’avvocato Renato Jappelli, difensore di Perreca, nella sua articolata arringa, ha confutato l’attendibilità della perizia, rifacendosi all’analogo caso dell’omicidio di Meredith Kercher, in cui la Cassazione ha assolto gli imputati Raffaele Sollecito e Amanda Knox. L’analogia risiede nella conservazione del reperto oggetto della perizia, nel caso del delitto di Perugia un coltello sequestrato a Sollecito e conservato in una scatola di cartone tipica dei gadget natalizi, come quella utilizzata per conservare dopo tanti anni il telo usato per l’appostamento.

L’avvocato Jappelli si è riportato ai protocolli internazionali che impongono rigide regole sulla repertazione, la conservazione e l’analisi dei reperti stessi. Nello specifico il perito Di Nunzio ha dichiarato che lui si occupò della prova genetica sul telo e nulla sapeva dei metodi utilizzati per preservare l’asciugamani da possibili contaminazioni.

La difesa ha anche contestato l’attendibilità dei pentiti sentiti in dibattimento, Gerardi, Nocera, Frongillo, Farina, Buttone e Lucariello, tutti ex esponenti del clan rivale, tutti testi che avevano una conoscenza indiretta dei fatti.

Il penalista ha poi rilevato la debolezza della causale, Perreca non aveva un interesse diretto all’eliminazione di Famiano, anche se era alleato dei Piccolo. Per l’omicidio di Famiano l’unico ad essere stato condannato è stato Antimo Mastroianni, il suo DNA è stato trovato sul passamontagna, mentre sono stati assolti Pasquale Piccolo Rockefeller, Achille Piccolo di 48 anni, il cugino Achille Piccolo di 45 anni e Giovanni Perreca.

Inoltre l’agguato fu eseguito intorno alle otto di mattina e Perreca fu trovato a casa verso le nove e trenta nel corso di un controllo delle forze dell’ordine, ma nel corso della fuga la Lancia Thema si impantanò e la difesa ha rilevato che in quel ristretto lasso di tempo Perreca non avrebbe potuto raggiungere a piedi la sua abitazione.

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