Giudiziaria

Le mani sulle aste giudiziarie del Litorale: testimone ricostruisce come il clan manipolava le aste

Salvatore De Crescenzo e Francesco Tiberio La Torre 1200x630
Salvatore De Crescenzo e Francesco Tiberio La Torre

Mondragone (di Giovanni M. Mascia). La camorra truccava le aste giudiziarie e rivendeva ai vecchi proprietari o a nuovi acquirenti i beni messi all’incanto. Sul banco dei testimoni una delle vittime ha ricostruito come la criminalità organizzata manipolava le aste. La deposizione di Pasquale Trano è avvenuta nel corso del processo a carico di Salvatore De Crescenzo, di Mario Landolfo, del figlio Massimo e di Gioia Esposito, che si celebra davanti ai giudici della Seconda Sezione collegio B del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Il teste ha riferito al pubblico ministero della DDA di aver acquistato un appartamento in via Domizia a Mondragone nel 2007 per 90 mila euro, accendendo un mutuo che riuscì a pagare fino al 2013 per insorti problemi economici. Dopo aver subito una procedura di pignoramento nel 2017, si rivolse prima ad un paio di legali e poi all’agenzia di Angelo Taglialatela, senza trovare una soluzione, fin quando un amico che si era trovato nelle sue stesse condizioni gli consigliò di rivolgersi a Francesco Tiberio La Torre, figlio del capo dell’omonimo clan Augusto La Torre, che pare fosse in grado di far recuperare i beni immobili persi.

Lo incontrò nei pressi di Villa Diana a Mondragone e il boss gli disse che aveva a disposizione due persone in grado di minacciare potenziali acquirenti e far andare deserte le prime aste allo scopo di abbassare il prezzo.

Tiberio La Torre gli chiese 500 euro, ma in un secondo momento gliene chiese altri mille per pagare le persone che avrebbero posto in essere le minacce, tra questi Antonio Filosa detto capa ‘e bomba.

Alla vigilia della quarta asta per la vendita giudiziale dell’appartamento, Trano si incontrò nei pressi del cinema Ariston con La Torre, munito della documentazione affidata alla figlia, e gli disse che Massimo avrebbe fatto da prestanome per un’offerta pari a 42mila euro, unitamente all’avvocato Gioia che avrebbe presentato un’offerta di 53mila euro. Una messa in scena, tanto più che l’avvocato Gioia lavorava per Landolfo.

Mentre era in corso l’asta presso il tribunale civile di Santa Maria Capua Vetere, Trano fu avvicinato e minacciato da una persona che gli intimò di rinunciare al proposito di rientrare in possesso della sua abitazione “sappiamo chi sei e dove abiti” gli fu detto.

Prima ancora è stato sentito anche il collaboratore di giustizia Giuseppe Perfetto, il quale ha dichiarato che Mario Landolfo si occupava di aste giudiziarie e che aveva uno studio a Caserta e un altro nei pressi del centro commerciale Jambo. Il pentito ha detto che Landolfo abitualmente si presentava alle aste per conto del cliente e che era anche in grado di far andare le prime aste deserte allo scopo di far abbassare al massimo il prezzo, notizie apprese indirettamente da Angelo Taglialatela. Sapeva inoltre che il figlio aveva una pasticceria nei pressi dell’abitazione di Carlo Di Meo che, a quanto pare, informava i Landolfo di possibili vendite all’incanto di beni.

Infine è stato escusso anche l’avvocato civilista Lucio Bastoni custode giudiziario che si occupava della fase post vendita dei beni. Il professionista di Capua ha riferito che venne a sapere da Massimo Landolfo dell’incendio di Villa Diana, in quanto era referente di un’agenzia che aveva acquistato l’immobile.

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