La riflessione sulla parola di Dio

La riflessione sulla parola di dio

Dal Vangelo secondo Marco 1 , 29 – 39

Don Carmine Ventrone

Il sabato di Gesù non termina con la predicazione nella sinagoga e la liberazione di un uomo da uno spirito impuro ma «uscito dalla sinagoga, andò subito nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni». Dalla prima chiamata, lungo il lago di Galilea, lo seguono anche in questa giornata appena iniziata. Quanta umanità è presente in Gesù, vive la presenza dei quattro non come una minaccia ma una risorsa da coltivare. I primi chiamati iniziano a tessere con Gesù un rapporto di grande amicizia sentendosi accolti e considerati. La loro presenza diventa confidenziale fino al punto da entrare nella casa di Simone e Andrea. Una casa di pescatori, di lavoratori, di chi deve sudare ogni giorno per un pezzo di pane. Del resto, lo stesso Gesù ha preferito nascere nella povertà e in una famiglia umile piuttosto che nella ricchezza e nelle comodità. Da una casa di preghiera (sinagoga) ad una casa di amicizia (la casa di Pietro), dal dialogo con Dio al dialogo con l’uomo. Riesce ad entrare in modo perfetto nella duplice dimensione: Vero Dio e vero uomo, come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica “l’evento unico e del tutto singolare dell’incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo (n.464).

Sembra che il sabato festivo si concluderà con il pranzo tra amici ma ecco che «La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei». C’è ancora lavoro per Gesù. Non c’è tregua, né riposo ma solo altra richiesta e altra attenzione. Pietro ha appena assistito, nella sinagoga, al potere di Gesù e, in modo così solerte, subito gli fa sapere che in casa la suocera è allettata. Forme diverse di impedimento ma in comune hanno Gesù che può liberare l’umanità sia da una “malattia” spirituale che da una malattia fisica. La differenza con la guarigione della sinagoga è che qui non c’è nessun dialogo, nessuna domanda o provocazione ma semplicemente «Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva». Quanta tenerezza da parte di Gesù, la prende per mano quasi a rassicurare quella donna, a far sentire che lui è li, che lei non è sola e abbandonata al suo destino. Come un papà o una mamma, si fa carico di quella sofferenza, sente il dolore e si china su quella donna, sull’umanità tutta, per far sentire il tocco della sua mano. La guarigione è immediata, sarà la febbre a lasciare la donna e non Gesù, quel tocco è permanente, eterno per lei ma anche per tutti noi. E la suocera di Pietro, nell’accogliere Gesù, pone la sua vita a servizio del Maestro. Nella sua semplicità la donna offre il suo quotidiano e nel silenzio delle sue azioni verrà ricordata per sempre.

Termina il riposo del sabato ma non la missione di Gesù «gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano». Una grande folla cerca di Gesù e lui non si sottrae ma si lascia avvicinare, divorare dalle tante e continue richieste. L’evangelista Marco ci trasmette questa particolare predilezione di Gesù per i malati, gli indemoniati e i poveri. Non è più la sinagoga a raccogliere e riunire tutti ma è Gesù. Lui diventa il punto focale del cammino del popolo che cerca Dio; infatti, sono gli stessi discepoli a dire a Gesù «Tutti ti cercano!».

Carissimi fratelli e sorelle possiamo essere anche noi parte di quel “tutti” che cercano Lui perché abbiamo sperimentato il tocco della sua mano nella nostra vita ed essere tra i “guariti” dalla sua misericordia.

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