Cronaca

Maxi appalto centro direzionale Vanvitelli: dichiarazioni dei collaboratori inattendibili e discordanti

tribunale penale di Santa Maria Capua Vetere

Marcianise (di Giovanni Maria Mascia). Sono inattendibili e discordanti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, questo il punto nodale delle arringhe difensive nel processo per il maxi-appalto per la realizzazione del Centro direzionale Vanvitelli, che secondo l’accusa era al centro di un accordo tra il clan Belforte ed imprenditori locali.

Questa mattina sono riprese le discussioni davanti ai giudici della seconda sezione collegio B del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presidente Loredana Di Girolamo.

L’avvocato Giuseppe Stellato, in difesa dell’imprenditore Luca Di Fuccia, nei cui confronti pende una richiesta di condanna a 12 anni di reclusione, ha evidenziato i contrasti tra le dichiarazioni rese dai pentiti Bruno Buttone, Michele Froncillo e Salvatore Belforte, a cui però è stato revocato il programma di protezione.

In particolare, secondo la difesa, l’ex capoclan dei Mazzacane avrebbe corretto le prime dichiarazioni dopo il deposito degli atti di chiusura di indagine, così avrebbe modificato il periodo temporale dell’operazione dal 1986\’87 al 1994|’95, avrebbe cambiato l’importo della somma investita da cinque miliardi a 700 milioni e il destinatario delle somme dall’ingegner Ricciardi al geometra Di Fuccia, una sorta di adeguamento delle dichiarazioni ai risvolti investigativi emersi alla chiusura delle indagini. Froncillo poi sostiene di aver investito prima 70, poi 125 mila euro attraverso il suocero, ma Belforte lo smentisce. Buttone sarebbe invece intervenuto solo dopo l’arresto di Belforte.

Secondo l’avvocato Stellato emerge un quadro estremamente frammentario ed evanescente. Anche perché fu Di Fuccia a dar vita all’operazione immobiliare il 4 marzo del 1996 acquisendo i terreni dell’ex macello, già edificabili, attraverso due cooperative che alla fine hanno trovato convergenza in un unico progetto e con proprie risorse economiche per realizzarlo, ragion per cui Di Fuccia non avrebbe avuto alcuna necessità di chiedere al clan soldi per entrare nell’affare.

Il penalista sammaritano ha chiesto l’assoluzione per Di Fuccia perché il fatto non sussiste e in subordine l’applicazione del 512 bis, reato ormai estinto, o le attenuanti generiche prevalenti.

Ha discusso anche l’avvocato Giovanni Cantelli in difesa di Luigi Franzese. Anche in questo caso sono state poste in evidenza le contraddizioni dei collaboratori di giustizia Michele Froncillo e Domenico Cuccaro, Pasquale Di Giovanni e Bruno Buttone circa il ruolo assunto da Franzese. Per la DDA era presente il PM Luigi Landolfi, per la difesa gli avvocati Mariano Omarto, Massimo Trigari e Nicola Bovenzi.

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