Marcianise. “Siamo fiduciosi che il nostro Presidente del Consiglio Meloni, attraverso il ministro competente Urso, si facciano carico di contattare i vertici della multinazionale Jabil al fine di ritrattare questa incomprensibile volontà di lasciare Marcianise e disimpegnarsi dall’Italia“. Lo scrivono i 420 lavoratori dello stabilimento Jabil di Marcianise in una lettera inviata al premier Giorgia Meloni e al ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, in cui sottolineano che “sarebbe altresì incomprensibile constatare che, proprio in un momento in cui tutti gli indicatori occupazionali registrano un trend positivo, anche grazie alle politiche industriali di questo governo, non si riesca a salvaguardare 420 posti di lavoro, al netto dell’indotto“.
“Se Jabil dovesse continuare in questa direzione – avvertono i lavoratori – le inevitabili conseguenze, tra l’altro già verificatesi sul territorio casertano, saranno precarietà e derive sociali“.
I lavoratori ricordano i tanti sacrifici fatti negli ultimi dieci anni, con la Jabil che dal 2015 ha iniziato una lenta dismissione che ha portato ad oggi alla fuoriuscita dagli organici della multinazionale di circa 500 dipendenti. “Negli ultimi anni, i lavoratori sono arrivati anche a comprimersi i salari pur di garantire competitività e continuità industriale“.
“La missione primaria del nostro sito – rivendicano i lavoratori – è quella di produrre apparati per telecomunicazioni e ricariche elettriche autoveicoli, ma guarda soprattutto alla green-economy, con la messa a punto di tecnologie utili alle varie transizioni che il Paese Italia sta predisponendo. Non possiamo e non potete – proseguono rivolgendosi a Meloni e Urso – restare inermi di fronte all’ennesima multinazionale che, dopo aver sfruttato tutti gli strumenti che lo Stato ha messo a disposizione, di punto in bianco taglia la corda“.
Per Mauro Musella, lavoratore Jabil e delegato sindacale aziendale della Uilm Jabil Marcianise rappresenta una grande opportunità industriale e tecnologica per il territorio e per il Paese. “Ora la politica – spiega – deve farsi sentire e garantire la continuità del sito all’interno della multinazionale“.