Casal di Principe. “Per essere una vera collaborazione ci aspettiamo che Francesco Sandokan Schiavone ci dica dove sono sotterrati i rifiuti, in modo da poter bonificare i terreni e le aree inquinate e realizzarvi progetti sociali, chi sono i mandanti e gli esecutori di tanti omicidi rimasti senza responsabili, visti tanti familiari di vittime innocenti che da anni aspettano la verità. E chi sono gli imprenditori e i politici collusi, che hanno permesso al clan di controllare per anni il ciclo dei rifiuti e del cemento“.
Ha le idee chiare Salvatore Cuoci, coordinatore del Comitato don Peppe Diana, da 30 anni in prima linea a Casal di Principe nel riutilizzo dei beni confiscati agli esponenti del clan casertano.
Il Comitato don Diana ha sede in un immobile sottratto alla criminalità dove si tengono eventi, corsi di formazione e si appoggiano anche gli scout del gruppo di Casal di Principe tanto cari al parroco. Comitato che è anche e soprattutto ispiratore e parte fondamentale delle rete della Terre di don Peppe Diana, un insieme di terreni dove le coop sociali da un decennio producono prodotti agricoli di qualità nel segno della legalità e della sostenibilità, dando lavoro a giovani e a tanti disabili.
Per Cuoci la collaborazione di Schiavone è davvero importante perché può far luce su tanti misteri irrisolti, riempiendo tanti vuoti, anche se, tiene a sottolineare, al “silenzio di Schiavone durato 26 anni abbiamo contrapposto trent’anni, passati dall’uccisione di don Peppe, di schiena dritta, di coraggio nel riuso dei beni sottratti ai clan, ma anche di voci, di sogni, di rumore. Basta pensare ai 20mila ragazzi, tra scout e studenti, che il 17 e 19 marzo scorsi per il trentennale della morte di don Peppe sono venuti a Casal di Principe per poter mettere in comune i loro sogni“.
“Perché la vera rinascita di Casale e la fine del clan è proprio in quel 19 marzo 1994, quando fu ucciso don Diana. E la vera leva – conclude – che ci ha permesso di riscattare questa terra rovinata dai clan sono proprio i beni confiscati e il loro riutilizzo per fini sociali“.
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