Caserta. Dovranno restituire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’informazione e l’Editoria – a titolo di risarcimento del danno erariale, la somma di oltre 2,8 milioni di euro, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali. Questo è il dispositivo della sentenza di condanna emessa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania della Corte dei Conti su richiesta della Procura Regionale di Napoli.
Oggetto del giudizio sono i fatti emergenti dalle investigazioni condotte dalla Guardia di Finanza di Caserta e Taranto, costantemente coordinate dall’A.G. contabile partenopea (PM D. Vitale e M. Ferrante) nei confronti della Dossier Società Cooperativa Giornalistica (oggi in liquidazione coatta amministrativa) e degli amministratori di seguito succedutisi dal 2005 al 2011 tra cui Pasquale Piccirillo, Antonio Sollazzo e Caterina Maria Bagnardi (quest’ultima poi esclusa dai fatti odierni perchè assolta, anche dalla Corte dei Conti – ndr: la Bagnardi lo trasformò poi in Buongiorno Taranto), per illecita percezione di contributi pubblici a sostegno dell’attività editoriale in merito al quotidiano cartaceo casertano Buongiorno Caserta.
All’esito di tali accertamenti, l’A.G. erariale ha acclarato e contestato come la società cooperativa, già con sede nella provincia di Taranto, dal 2008 al 2011, fosse risultata solo formalmente in possesso dei requisiti di legge per la percezione dei contributi pubblici di scopo, in discussione.
Nello specifico, la Guardia di Finanza di Taranto, nel 2015, nello svolgimento di specifiche e mirate attività ispettive, successivamente implementate dalle Fiamme Gialle casertane, ha rilevato e documentato alcuni elementi di criticità inerenti ai rapporti degli associati con gli organi sociali.
È stato, difatti, appurato che alcuni degli amministratori, legali e di fatto, della società hanno prodotto, al Dipartimento per l’Informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dichiarazioni mendaci, perseguendo il fine di percepire indebitamente i contributi per l’editoria pur non disponendo dei requisiti costitutivi, di natura oggettiva e soggettiva, imposti dalla normativa di settore e la cui sussistenza era stata artatamente simulata.
Dalla complessa e articolata attività istruttoria è, invero emerso, che la società cooperativa perseguiva di fatto finalità di lucro e non mutualistiche e che la compagine sociale non fosse composta in assoluta prevalenza da giornalisti propri dipendenti.
Ancora, alcuni dei giornalisti associati non erano a conoscenza dello loro “status”, mentre altri sarebbero stati indotti a partecipare alla compagine sociale quale condizione per lavorare. Tutti gli associati, inoltre, non avrebbero mai versato la quota di partecipazione, né avrebbero attivamente partecipato alle attività degli organi sociali.
Sulla base di tali elementi, con il decreto n.48 del 28 giugno 2022, il Presidente della Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania della Corte dei Conti, in accoglimento della conforme proposta avanzata dalla Procura Regionale di Napoli, aveva altresì disposto, nei confronti dei prevenuti, il sequestro conservativo di beni, successivamente confermato dal Giudice designato per la convalida, nonché dal Giudice del reclamo, che verificava la sussistenza, per i convenuti, dei presupposti del “fumus boni iuris” e del “periculum in mora”.
L’odierna pronuncia di condanna rappresenta l’ulteriore e concreta testimonianza dell’impegno sinergico della Procura Regionale della Corte dei conti per la Campania e della Guardia di Finanza nell’azione di accertamento del danno erariale.