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Cronaca

Pezzi 2^ GM portati via da museo dai nazisti, ritrovati grazie al web

Sessa Aurunca. Recuperati dal Nucleo dei Carabinieri Tpc di Monza beni archeologici asportati dalle truppe di occupazione durante la Seconda guerra mondiale. L’operazione è stata realizzata grazie ai controlli messi in atto dai militari dell’Arma sulle piattaforme di e-commerce e dei siti specializzati nella vendita di opere d’arte. Controlli che hanno permesso di individuare numerosi reperti provenienti dalla collezione Pietro Fedele e già conservati presso la Torre di Pandolfo di Capodiferro (Caserta).

Si tratta di oltre 200 reperti che il tenente Colonnello Giuseppe Marseglia, comandante del Gruppo Tpc del Centro Nord, restituisce al soprintendente della Sabap per le province di Caserta e Benevento durante la conferenza stampa di oggi presso le sale del Castello Ducale di Sessa Aurunca alla presenza delle autorità locali. I primi accertamenti, spiegano i Carabinieri, “hanno permesso di verificare come questi reperti fossero di provenienza demaniale e già musealizzati in quello che era conosciuto come Museo della Civiltà Aurunca, eretto nel 1926 dall’allora Ministro dell’educazione nazionale Pietro Fedele. Ma soprattutto si tratta di beni asportati dalle truppe di occupazione durante il Secondo Conflitto mondiale“.

In collaborazione con i funzionari della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e del personale dell’Istituto Centrale del Restauro, i Carabinieri hanno potuto ricostruire le vicende che hanno visto protagonista proprio la Torre di Pandolfo di Capodiferro: torre longobarda che nel 1943 fu bombardata e rasa al suolo dalle truppe di occupazione tedesche non prima però di averla depredata. Destino comune ad altre città e luoghi di cultura come Milano, Montecassino, ma anche Pompei e il Ponte Borbonico Real Ferdinando che sormonta il fiume Garigliano luogo dove i tedeschi avevano fatto partire la nota ”Linea Gustav”. Gioielli del nostro patrimonio culturale che subirono le conseguenze belliche del Secondo Conflitto.

La torre di Pandolfo Capodiferro fu concessa negli anni venti in enfiteusi a Pietro Fedele dal Comune di Sessa Aurunca proprietario dell’immobile e dell’area demaniale circostante, su sua richiesta per realizzare un museo archeologico, per un canone annuo di 200 lire e con l’obbligo di restaurarla.

Il museo occupava tutti i quattro piani della torre mostrando numerosi reperti archeologici, numismatici e altri che appartenevano al Medioevo. Alle centinaia di pezzi in oro, argento e anche in avorio si aggiungevano il ritratto di Giulia Gonzaga di Jacopo del Conte, stampe antiche rappresentanti vedute del territorio di Minturno, Gaeta, Fondi e Formia senza dimenticare l’angolo dedicato a Maria Cristina di Savoia e i circa 8000 volumi custoditi nella biblioteca. L’indagine ha consentito ricostruire il viaggio che questi beni percorsero nel tempo.

Il bottino del rastrellamento eseguito nell’autunno del 1943 quando le truppe tedesche del 15° Panzer Gran Division I.C. entrarono – per conto del Kunstschutz – e depredarono il museo, venne accuratamente selezionato dai soldati e raccolto in numerose casse. Parte del materiale è stato poi restituito tramite l’Archivio di Stato di Roma Sant’Ivo e Castel Sant’Angelo, luoghi presso cui vennero depositati i beni durante la Guerra, agli eredi di Pietro Fedele. Ad oggi mancano all’appello ulteriori reperti archeologici, monete, medaglie e vario materiale riconducibile all’attività istituzionale svolta dall’allora Ministro dell’Istruzione, Pietro Fedele.

Redazione

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